La chiusura di un porticato necessita del permesso di costruire.

Il Tar Lombardia conferma che la chiusura di un porticato con cambio di destinazione d’uso senza il permesso di costruire costituisce abuso edilizio.

Articolo tratto da Biblus-net

Con la sentenza n. 1268/2020 del Tar Lombardia viene fatta chiarezza circa il titolo edilizio necessario per la modifica di un porticato.

Il caso

Una cooperativa proprietaria di un immobile, decideva di chiudere un preesistente porticato antistante il locale cucina, per farne una sala ristorazione da mettere a disposizione del circolo.

Il porticato, costituito da pali in legno e coperto da lastre di eternit, era stato chiuso su tre lati.

Venivano eseguite inoltre le seguenti opere:

  • sostituzione del manto di copertura con lamiera;
  • realizzazione di tre pilastrini in muratura su muro esistente;
  • nuova pavimentazione in ceramica;
  • nuovo controsoffitto in pannelli di cartongesso;
  • due nuove porte a lamelle;
  • nuove chiusure luci con tende in pvc trasparenti;
  • nuovo scivolo di accesso con parapetto in tubolare;
  • arredo composto da tavoli, sedie, appendiabiti ed un grosso barbecue alimentato a gas.

Il tutto era realizzato senza chiedere alcun titolo edilizio.

Il Comune, attraverso un sopralluogo veniva a conoscenza della nuova consistenza del porticato, per il quale il giorno dopo i proprietari presentavano richiesta di premesso di costruire in sanatoria qualificando le opere eseguite sul porticato esistente come intervento di semplice risanamento conservativo secondo l’art. 3, comma 1, lett. c) del dpr 380/2001 .

Il Comune poco dopo rigettava la richiesta sostenendo che le opere realizzate connotassero un intervento di ristrutturazione edilizia con cambio di destinazione d’uso, per cui ordinava il ripristino dello stato originario dei luoghi.

La questione finiva, quindi, presso il giudizio del Tar.

La sentenza del Tar Lombardia

Per i Giudici le opere eseguite sul porticato si configurano come interventi di ristrutturazione edilizia secondo:

  • l’art. 3, comma 1, lett. d) del dpr 380/2001;
  • l’art. 27 della lr n. 12/2005;

entrambi i riferimenti normativi ricomprendono tutti “gli interventi edilizi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”.

A parere dei Giudici, a seguito delle nuove opere è stato creato un nuovo locale, trasformando la preesistente tettoia da semplice pertinenza a organismo edilizio completamente diverso dal precedente.

Inoltre, viene precisato che:

La giurisprudenza afferma che anche solo con l’installazione di pannelli in vetro atti a chiudere integralmente un porticato si determina la realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile, con conseguente incremento della preesistente volumetria, e ciò vale anche nell’ipotesi in cui le vetrate siano facilmente amovibili e siano destinate a chiudere il manufatto solo per un determinato periodo nell’arco dell’anno.

Ristrutturazione pesante e leggera

I giudici, in merito al caso oggetto del giudizio, distinguono un intervento di ristrutturazione “pesante” al quale è riconducibile il caso in esame, dal momento che è stato creato un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, con variazione della volumetria, come previsto dall’art. 10, comma 1, lett. c) del dpr 380/2001.

Diversamente si parla di una ristrutturazione edilizia “leggera” quando l’organismo edilizio interessato dalle opere rimane identico al precedente, senza aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici.

Non a caso, concludono i Giudici, gli stessi ricorrenti hanno presentato una richiesta di permesso di costruire in sanatoria, necessaria per assentire interventi di ristrutturazione pesante, a differenza degli interventi di ristrutturazione leggera, per i quali risulta sufficiente la SCIA.

Relativamente a quanto esposto il ricorso non è stato accolto.

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